D'AZEGLIO Massimo.

La Sacra di San Michele disegnata, e descritta dal cav. Massimo D'Azeglio.

Torino, Tipografia Chirio e Mina, 1829,

in-folio, pp. (6), 31, (1), 15 litografie, (6). Legatura figurata in cartone editoriale rosa, protetta dalla rilegatura dell'epoca in m.pelle. Frontespizio litografico con tit. calligrafico firmato "Bigotti scrisse" e sotto paesaggio firmato "M.A." sulla destra, e sulla sinistra "Lit.D.Festa"2 incisioni con scene storiche a p. 3 e 31, e 12 vedute litografiche.

Non numerate, tranne due, sono impresse dalla Litografia D. Festa, con didascalie, tutte dedicate alla storia della Sacra e a sue bellissime vedute prospettico-architettoniche, paesaggistiche delle Alpi circostanti, celebre è quella dedicata al miracolo della bell'Alda datate 1828-1830, vedute che ne fanno il più bel libro dedicato alla Valle di Susa. D'Azeglio e Tra i primi esponenti della nobiltà piemontese ad utilizzare la nuova tecnica della litografia inventata da Senefelder: la sua relativa semplicità permetteva di cimentarsi anche ai pittori che non fossero esperti nell'arte dell'incisione vera e propria. L'imponente e ardita mole della Sacra domina dall'alto la Valle; fu fondata nel IX secolo e fu uno dei più importanti e potenti monasteri fortificati del Medioevo. La presente è la prima opera pubblicata in Piemonte e tra le prime in Italia con illustrazioni in litografia (cfr. Orzola: la litografia italiana, 1923), di cui Massimo d'Azeglio fu tra i pionieri.

Nei primi decenni dell'Ottocento le rovine della Sacra attrassero, in pieno clima del romanticismo, l'attenzione artistica eletteraria di alcuni e poi quella turistica di molti. Il D'Azeglio seppe interpretare, proprio in chiave romantica , il fascino di queste rovine e della leggenda della Bell'Alda: "S'ignora in qual parte e da chi nascesse una donzella di mirabili forme detta Alda la bella: essa pure col padre riparave nelle sacre mura a sfuggir dal pericolo che le sovrastava per sua meravigliosa bellezza". D'Azeglio diede con quest'opera inizio al processo di rinascita del monumento che oggi è il simbolo della Regione Piemonte. Si segnala qui una notevole curiosità quasi inedita relativa a quest'opera. A dispetto del parere dei critici, Massimo d'Azeglio non era molto soddisfatto delle proprie incisioni: nei Miei Ricordi scrisse che le sue litografie "...riuscivano d'un certo effetto a forza di fatica, ma impronta artistica n'avevano poca", mentre in una lettera al cugino Cesare Balbo così si espresse: "non posso dire che siano capi d'opera, anzi siamo molto lontani dalla perfezione, ma sotto sopra potranno andare come tante altre ..."

Quasi a voler rendere pubbliche le proprie perplessità sull'arte litografica, volle inserire un'invettiva scritta nella penultima tavola del suo lavoro. Chi osservi attentamente la stampa in questione nell'angolo destro in basso potrà decifrare questa frase: "ACCIDENTI ALLA LITOGRAFIA" leggibile anche a occhio nudo. Sarà stata scritta per celia, oppure in un momento di malumore provocato da qualche contrarietà ? (Chiappino, La litografia in Torino, 1939). In effetti si riesce ad identificare questa scritta in un infantile e quasi isterico stampatello nascosta tra i massi ai piedi dello Scalone dei Morti, che qui si propone ingrandita e ripulita grazie al computer.Bell'esemplare a pieni margini, su carta grande.

Peyrot-Gilibert, Valle di Susa nei secoli, n. 183.

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