Raimondi, Marcantonio.

La Temperanza.

1524/1527.

Foglio inciso a bulino mm. 227x112, stato unico. In basso a destra il monogramma MAF, nell'angolo sinistro in basso la numerazione 5. Bella prova, ben inchiostrata e ricca di contrasto nell'unico stato conosciuto, è impressa su carta databile ai primi decenni del Cinquecento, priva di filigrana, piccolissimi margini, in ottimo stato di conservazione. Fa parte della serie delle Sette Virtù, Teologali e Cardinali.La figura allegorica è ritratta con una lieve torsione del corpo verso sinistra, che mette in mostra le redini appoggiate sul braccio sinistro con un capo stretto nella mano. E' quindi quasi in controparte rispetto alla stessa allegoria incisa da Agostino, e priva del putto. L'opera è tratta da un'invenzione proveniente dall'officina raffaellesca, eseguita probabilmente verso il 1523 da Baldassare Peruzzi e Giulio Romano.La fama di Marcantonio (S.Andrea in Argène 1480 - Bologna prima del 1534) fu all'epoca tale che viene così chiamato più spesso che con il cognome. Formatosi nell'ambiente umanistico bolognese, si perfezionò dal niello all'incisione a Venezia (1506), dove tra l'altro traspose a bulino le xilografie della Vita della Vergine di Dürer, e due anni dopo a Firenze, indi a Roma dal 1510, dove fu introdotto nell'ambiente antiquario. Dopo l'incontro con Raffaello, incise e diffuse insieme ai suoi allievi un gran numero di suoi disegni e affreschi (Lucrezia, la Strage degli Innocenti, il Morbetto, il Giudizio di Paride, il "Quos ego" tra le altre), raggiungendo col tratto nuove possibilità di tono e chiaroscuro. Le sue composizioni autonome armonizzano elementi tratti da varî artisti e presentano spesso elementi fantastici, come l'Incendio sul lago, noto come Sogno di Raffaello, e "Lo Stregozzo", che porta la sigla di uno dei suoi allievi, Agostino Veneziano. Incise anche da Giulio Romano (fu coinvolto in uno scandalo di stampe licenziose tratte da suoi disegni) e da B. Bandinelli.

Bibliografia: Bartsch, n. 390, De La Borde, n. 150; Raphael Invenit, p. 263; Ferrara-Bertelà, n. 432

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