[MAI, Angelo - PORPHYRIUS, Philosophus]

Ad Marcellam. Invenit, interpretatione notisque declaravit Angelus MAIUS...(Con:) De PHILONIS IUDAEI et EUSEBII PAMPHILI scriptis ineditis, aliorumque libris ex armeniaca lingua convertendis

Dissertatio. Cun ipsorum operum Philonis ac praesertim Eusebii speciminibus. Scribente Angelo Maio... (Graece et latine). Mediolani, Regiis Typis, 1816,

2 parti in un vol. in-8, pp. (6), VIII, 68; (2), LXXX, 28; legatura del tempo m. pelle decoraz. in oro e scritta verticale ''Angelo Mai''. Dedica di Angelo Mai al marchese Giangiacomo Trivulzio. Importante e rara edizione critica che, grazie al grande filologo A. Mai, dà alla luce per la prima volta testi di antichi autori andati perduti. La lettera di Porfirio (nato a Tiro nel 233 e morto a Roma nei primi anni del 300) ''A Marcella'', sua moglie, ''è una specie dei testamento spirituale, umanissimo..., una specie di breviario di vita morale e religiosa, fondata su concetti che hanno grande affinità col Cristianesimo: fede, verità, amore, speranza'' (Diz. Bompiani, Autori, III, pp. 210-211). Quelli raccolti nella seconda parte sono frammenti inediti di scritti del filosofo Filone Ebreo (nato ad Alessandria intorno al 20 a.C.), ampi brani della ''Cronaca'' di Eusebio Pamfilo (nato in Palestina, probabilmente a Cesarea, tra il 260 ed il 265), considerato il ''padre della storia ecclesiastica'' ed il trattatello ''De virtute eiusque partibus'' di Giorgio Gemisto Pletone (n. a Costantinopoli intorno al 1355 e m. nel Peloponneso verso il 1450), ''singolare figura di pensatore e di riformatore politico e religioso''. Angelo Mai (Bergamo 1782 - Albano 1854), padre gesuita fino al 1819, fu profondo esperto di paleografia e grande filologo e, prima alla Biblioteca Ambrosiana di Milano e dal 1820 alla Vaticana, fece eccezionali ritrovamenti e recuperi di testi e frammenti di codici di oltre 350 autori dell'antichità latina e greca e del Rinascimento italiano, che pubblicò criticamente dal 1814 al 1845. Celebre su tutte, tanto da originare la celebre canzone di Giacomo Leopardi, fu la scoperta e la pubblcazione di parti del ''De re publica'' di Cicerone. Unica edizione, rara, impressa con cura su carta forte.

De Backer-Sommervogel V, col. 327, nn. 12 e 13. DBIt., vol. 67, pp. 517-520 e Brunet III, 1311 (entrambi non registrano questi scritti).

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