BICCI, Antonio

Abito delle donne tessitore- Galluzzo

Firenze, presso Nicc. Pagni e Gius. Bardi, 1796,

Incisione in rame a colori (mm 340x240), firmata da A. Bicci e incisa da Lasinio; titolo in basso "Abito delle donne tessitore | del Galluzzo ed altri luoghi | de' contorni di Firenze | in Firenze presso Niccolò Pagni, e Giuseppe Bardi", N° 5.Tratta dalla celebre serie, la più bella e forse più rara dei costumi italiani, raffigurati in scene a due o più personaggi maschili e femminili. Sono tra le primissime incisioni a colori da quattro lastre eseguite in Italia, dopo le prime esperienze in Francia e Inghilterra. Gran parte del lavoro di incisione fu coordinato, se non realizzato in prima persona, dal Lasinio, innovatore in Italia dell'incisione in rame; apprese la tecnica dell'incisione a colori da Jacques Gautier Dagoty, recatosi a Firenze per preparare una pubblicazione di quadri dei musei fiorentini. Piccole macchioline rosse diffuse. Ampi margini.

Lipperheide, I, 1320. Colas, Bibl. du Costume, I, 325. Forlani-Tempesti, Reprint, Il Polifilo 1970: ''Trevigiano d’origine (nato verso il 1758), e morto a Pisa nel 1838, dopo aver passato la maggior parte della sua vita fra Firenze e Pisa, può considerarsi artista toscano, anzi uno dei più famosi incisori che abbiano operato in quel tempo nella regione. Le notizie su di lui sono numerose, e molte e note sono le sue opere, ma il nome in genere è solo frettolosamente citato e manca un indice completo delle sue stampe, che costituiscono un interessante specchio per la storia dell’incisione in Toscana fra Sette e Ottocento e, più in generale, per quella del gusto e dell’arte del tempo in una regione che, ormai definitivamente uscita dal ruolo di centro artistico propulsivo, si ripiegava soprattutto a valorizzare il suo illustre passato. Anzi, proprio in questo sforzo di celebrare e documentare le opere degli antichi maestri, è da ricercare la ragione della grande fortuna che la stampa di riproduzione, e con essa il Lasinio, ebbero nel Granducato lorenese. Il Lasinio, «applicatosi per natural genio al disegno, ed alla pittura, dimostrò fino da’ primi suoi passi in assai giovanile età di voler correre la strada de’ grandi Artisti» (Federici), e dopo aver studiato pittura all’Accademia di Venezia, compagno di Canova, si dedicò all’incisione, lavorando per breve tempo in patria. Verso l’ottavo decennio del secolo egli era già a Firenze, dove iniziò la sua fortunata carriera di incisore di riproduzione. Sono datate 1774 le copie da Il Caciator fiamingo del Metzu e dalla Venere di Tiziano, che erano nella «Reale Galleria» e pare che nel 1779 egli fosse già professore all’Accademia di Belle Arti. Tuttavia il nipote afferma che l’artista giunse a Firenze solo nel 1782. Comunque, fin dagli inizi, il Lasinio trovò protezione a Corte se Giuseppe II e Gustavo di Svezia, quest’ultimo a Firenze nel 1783., lo visitarono nel suo studio «sorpresi entrambi in osservando la franchezza del Lasinio nell’incidere, nel disegnare, e ne’ modi particolari d’incisione, a’ colori con cinque rami per ciascheduna stampa» (Federici p.184). Dovette essere quindi una specie di enfant prodige, per giungere ventenne a tanti onori; e precoce fu anche il suo interesse per i nuovi procedimenti della stampa a colori, che cominciavano a diffondersi in Europa, se già le sue prime opere su citate del I774 sono appunto eseguite col sistema della mezzatinta a quattro o cinque toni. A tale sistema il Lasinio fu iniziato dall’amico Edouard Gautier d’Agoty, che visse in Italia e morì appunto a Firenze nel 1783: questi, insieme col padre Jacques Félibien e i fratelli, già in Francia aveva perfezionato e divulgato il procedimento della mezzatinta a tre lastre con i tre colori fondamentali, giallo, blu e rosso, aggiungendovi una quarta lastra per il nero ed usandolo sia per le stampe d’invenzione, soprattutto ritratti, sia per le stampe di riproduzione. Il Lasinio sperimentò a lungo tale procedimento, che aveva interessato anche il Bartolozzi, perfezionandolo e combinandolo con altre tecniche, ma anch’egli era spesso costretto a ritoccare poi a mano col pennello alcune parti peggio riuscite. Egli approfitta per sperimentare un ennesimo procedimento di coloritura a stampa, mostrando una padronanza e una curiosità, straordinaria per l’aspetto si dixebbe scientifico o strumentale dell’arte, pronto ai modi più diversi per trasformare nella stabile tecnica calcografica i labili tratti di un disegno o i mutevoli colori della pittura: «possiede il piu bel sortimento di utensili di Londra per qualunque maniera dell’incisione», testimonia il Federici, e apre così un nuovo spiraglio sulla personalità del Lasinio, patito di esperimenti tecnici e celerissimo esecutore. Infatti qui egli usa un sistema di stampa a colori diverso da quello insegnatogli dal D’Agoty, perchè non costretto dalle leggi della selezione quadricromica: si tratta di un procedimento di acquaforte a sottile pointillé’, analago a quello usato dal Bartolozzi e dalla scuola inglese. La coloritura doveva venir data di volta in volta, sull’unica lastra, col sistema della mascherina. Inoltre alcune parti venivano ritoccate a mano, per ovviare a difetti di stampa e per rialzare gli incarnati, difficilmente realizzabili con un colore unitario''.

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